
Jean Louis OLIVE non ha bisogno di presentazioni. Appassionato ed esperto cultore del mondo Laverda, gestisce un sito web di tutto rispetto (www.laverdamania.net) punto di passaggio virtuale per i laverdisti di tutto il mondo. Jean Louis ha conosciuto la Laverda nel 1976 in occasione di un test con una Laverda 750 SF; da allora è scoccata la scintilla per le moto di Breganze e per le moto italiane in genere.
Numerosi i libri relativi alla Laverda scritti da Jean Louis negli ultimi 15 anni tra cui « Legendary Laverda (2006, versione in lingua inglese) e « Laverda 1000 V6, Formula 1 su 2 ruote » scritto con Piero Laverda nel 2016. Motociclo Italiano ha il piacere di intervistarlo e conoscerlo più da vicino.
La tua passione per la Laverda è esemplare, i numerosi libri scritti sono noti e pubblicati ovunque. Ritieni che ci sia ancora spazio per la ricerca (di nuove scoperte)?
C’è ancora molto spazio per la ricerca! Innanzitutto perché gli anni passano e le memorie diventano meno precise, il che è abbastanza naturale. Ho avuto molti contatti quando ho scritto i libri sulla Laverda e ho notato che spesso c’erano differenze piuttosto importanti tra i ricordi. Solo un grande lavoro di controllo incrociato delle informazioni ha permesso finalmente di ripercorrere la storia vera. Poi perché la conoscenza degli anni migliori dell’industria meccanica italiana è oggi meno precisa di 20 o 30 anni fa, soprattutto a causa della globalizzazione. È importante continuare a lavorare per ricordare al pubblico (specialmente alle giovani generazioni) tutti questi tempi gloriosi.
Gli appassionati che ti contattano attraverso il tuo sito internet provengono da tutto il mondo. E’ la dimostrazione che la Laverda ha lasciato un segno indelebile?
Certamente. Laverda è un marchio italiano unico, con prodotti specifici ad alte prestazioni e alta qualità. Oltre al fatto che molti dei suoi modelli sono leggendari, come la 1000 3C, prima vera superbike del mercato, la Jota, moto di serie più veloce al mondo nel 1976 o la 1000 V6 : non ci sono molte moto d’epoca che. sono in grado di raggiungere un minimo di 150.000 km senza grandi interventi meccanici. E tutte le Laverda hanno un carattere unico, perfettamente rappresentativo della moto sportiva all’italiana. Tutto questo è ciò che rende uniche queste moto.
E’ evidente che le nuove generazioni siano interessate ad altre passioni, cosa proponi per avvicinare i giovani al settore delle moto storiche?
La nostra generazione è direttamente responsabile di trasmettere la passione per le moto storiche ai più giovani. È necessario comunicare, e ancora comunicare, sugli anni gloriosi dell’industria motociclistica italiana, per dimostrare che le moto storiche sono un mezzo per distinguersi dall’uniformità del mercato moto, per incoraggiare i giovani a formarsi nella meccanica essenziale come disciplina artistica, per dimostrare che questa disciplina è una parte fondamentale della cultura. Questo può essere fatto attraverso libri, eventi per mezzi storici, mostre specializzate e anche nuove realizzazioni meccaniche utilizzando i riferimenti tecnici e visivi delle moto storiche. Questo è ciò che mi ha spinto a costruire il mio prototipo Laverda P12XX, una moto tecnicamente moderna che conserva l’identità del modello originale. Una sorta di opposto al concetto neo-retrò!
E’ ancora possibile trovare una vecchia Laverda da restaurare in fondo ad una cantina sotto la polvere e ferma da anni?
Si, ci sono ancora molte Laverda da trovare e restaurare. Ma è sempre più difficile trovarle a prezzi accettabili!
Il tuo lavoro di ricerca sulla Laverda 1000 V6 ed in generale sul marchio di Breganze ti ha regalato numerose emozioni e ti ha consentito di conoscere altri esperti ed appassionati. Cosa ti ha colpito in particolare della storia di questa casa produttrice?
Due cose principali: l’audacia della famiglia Laverda, che ha saputo proporre modelli leggendari all’avanguardia che antepongono prestazioni e qualità alle nozioni di redditività. E la qualità dei rapporti umani all’interno dell’azienda. Mi hanno colpito le testimonianze degli ex dipendenti della fabbrica, che rievocano tutti con emozione una fabbrica a misura d’uomo che operava per passione e nel rispetto di tutti. Tutti parlano anche nei termini più lusinghieri dei membri della famiglia Laverda, cosa abbastanza rara nel mondo industriale.
Il progetto Motociclo Italiano vuole essere un punto di incontro di appassionati di moto italiane che hanno la possibilità di appartenere ad una comunità unica e di vedere censite le loro moto. E’ quindi una iniziativa che va oltre il concetto di social network – contatto virtuale. Tu sei un ambasciatore di questo progetto in cui hai creduto sin dal primo momento. Cosa puoi dire al riguardo?
Come dicevo sopra, abbiamo la responsabilità di trasmettere tutta la passione per le moto storiche italiane che ci hanno fatto tanto sognare e che hanno fatto la Storia. Il progetto Motociclo Italiano della FMI è senza dubbio uno dei modi migliori per raggiungere questo obiettivo, con strumenti per comunicare su larga scala e federando appassionati di tutto il mondo. Si, la caratteristica di Motociclo Italiano è quella di concretezza oltre il web: riunisce appassionati attorno a un luogo dove si privilegia la qualità della cultura e della conoscenza dell’industria motociclistica italiana. In più i possessori di moto storiche italiane vedono riconosciuto il loro attaccamento al Made in Italy entrando a far parte di una collezione esclusiva che accresce il valore stesso del motociclo. La cultura dell’industria motociclistica italiana è così importante che meritava questa iniziativa.